Friday, September 30, 2011

Doppia penetrazione

C'è odio, troppo odio in questo mondo. Qualcuno odia quelli coi capelli rossi, altri odiano chi parla con l'accento british, io detesto le siringhe. Non so da dove sia nata la mia fobia, di sicuro nessuno ci ha mai fatto troppo caso quando ero piccola e ora me la porto dietro tipo catena ai piedi. Ieri e' stata una giornata ricca di incontri ravvicinati col nemico. Questo nemico, l'ago, da cui mi faccio penetrare ogni volta che varco la soglia degli ambulatori di ginecologia. Il problema non e' la penetrazione, figuriamoci...non lo e' mai stata!!! L'incubo nasce dall'idea che c'e un pezzo di ferro, seppur sterile, che mi sta trapanando il braccio. Possiamo, dunque, dire che c'e penetrazione e penetrazione. So già che le donne concordano. Ordunque ieri mi attendeva la tanto agognata visita per il controllo del diabete gestazionale. Si tratta di una patologia che si sviluppa durante la gravidanza e che ti abbandona, se sei fortunata, nonappena il piccolo decide che tu debba tornare un essere umano normale. Insomma, dopo il parto. Appuntamento alle 15:20. Esco da casa, scendo lungo la strada e, come la più brava delle prostitute, mi metto a sbracciare per tentare di bloccare un taxi. Dopo 15 minuti (Seattle non e' come New York) riesco a fermare il temutissimo orange cab. Questo tipo di taxi e' la brutta copia ufficiale del più famoso yellow cab. La sua peculiarità sta nel fatto che, se riesci ad arrivare a destinazione, puoi indossare la maglietta con scritto "I'm a survivor" che ti viene data dall'autista guarito da pochi giorni dalla malaria. In realtà sono le t-
shirt che sono avanzate a Spielberg con Jurassic Park, donate dal regista alla società dei
taxi arancioni, dopo averne sperimentato uno. Salita sul cab, chiedo timidamente di essere portata (viva) al Polyclinic di Capitol Hill e, aggiungo, di poter pagare con la carta di credito. Ho la mania di non spendere i dollari in carta, ma questa e' un'altra faccenda. Il simpatico autista si gira a guardarmi come se avessi chiesto "Ti posso toccare il culo bel signore Etiope?". "La mia macchinetta per le carte di credito e' rotta" mi risponde. "Ok, pago in contanti, sto zitta, buona e non ti scasso i maroni per i prossimi 5 minuti" ho pensato. Il tassista era di chiara origine somala o etiope, aveva i denti d'oro e gli occhi bianchi con un po' di marrone al centro. Gli mancava il cappello nero, la benda sull'occhio ed il coltello a serramanico in bocca che poi poteva pure partire la sigla dei Pirati dei Caraibi. Il nostro corsaro, con sorriso da protagonista cattivo, mi chiede delucidazioni sul percorso da fare per arrivare in ospedale. "Va sempre dritto" gli dico io con aria sicura. "Si, ma poi bisogna
girare ad un certo punto" risponde lui. "Si, si...girare, ...are!" faccio io, sempre più consapevole di non conoscere la via per arrivare al luogo ove partorirò. Il discorso si e' troncato li', anche perché in 2 minuti e 7 dollari dopo ero dinanzi al portone del Polyclinic. Dato che c'ero sempre stata con l'Ing, l'entrata consueta era il parcheggio. Questa volta, benché fossi scesa davanti all'ingresso, non sapevo da dove accedere. Faccio le scale mobili, un giro del palazzo un po' a cavolo e, finalmente, riconosco l'entrata. L'ascensore era vuoto ed e' rimasto così per poco. Al primo piano entra un orda di gente, tra cui uno che aveva fumato e che si stava beccando tutta la carrellata di insulti che ho imparato in 2 anni a Seattle. Finalmente arriva il sedicesimo piano. Lascio l'ascensore e mi dirigo a fare il check in. Come al solito la segretaria (che, detto tra noi, sembra la controfigura di Pippi calzelunghe) mi accoglie con una bella alitata al sapore di aglio. L'odore e' talmente forte che riesce ad abbassarmi la pressione ogni volta che me la misurano. Dracula, invece, morirebbe direttamente. Finite tutte la pratiche di ingresso, vengo invitata ad andare a bere il glucose drink. Avevo sentito parlare di questa bevanda. Ne avevo sentito parlare molto male. Mi dirigo verso la sala prelievi e c'era l'infermiere gay che danzava a tempo di musica improvvisata lui stesso e dal suo schioccare di dita. Dopo qualche buon secondo si accorge che c'ero io come spettatrice di quella pietosa performance. Per non farlo sentire una cacca, inizio a ballettare pure io facendogli richiesta, a tempo di musica, del drink. Prendo in mano questa bottiglietta da 33ml, la guardo, la apro, realizzo che e' al sapore di lime e inizio a bere. Il primo pensiero e' stato "Niente male!". Torno in sala d'attesa e mi collego con mamma su Skype. Inizio a chiacchierare e a sorseggiare quella cosa che sapeva di sprite. Mano a mano che bevevo mi rendevo conto che lo zucchero era in quantità superiori a quelle consentite dal metabolismo di un essere umano. Poteva, insomma, condurre ad una morte molto celere. Gustavo, si fa per dire, con tutta calma la mia bevanda tra gli sguardi curiosi delle segretarie. Mi chiedevo perché guardassero me e poi si scrutassero tra di loro ma non volevo fare quella con la coda di paglia, per cui ho lasciato stare. Ad un certo punto una di loro prende coraggio e mi chiede:" Ma te lo hanno detto che la devi bere entro 5 minuti?". Mi son sentita la più tonta dell'intero emisfero settentrionale. Inizio, allora, a ingurgitare quella sottospecie di sprite con tutta la foga che avevo. La mia gola non si era mai sentita peggio di così! Avevo una patina di glucosio che andava dalle tonsille fino allo stomaco e sembrava dirmi:"Staremo sempre vicini vicini". Tempo due secondi, inizio a sentire bolle d'aria che volevano uscire dalla trappola di glucosio e che non sapevo come liberare senza farmi troppo sentire. Il tempo trascorreva, tra un rinfaccio e l'altro. Durante l'ora di attesa prima del prelievo, ho fatto la visita di routine. La pressione, grazie all'alito della cara Pippi era 100 e 68... Una meraviglia! Successivamente, mentre ascoltavamo il cuore di Sguingui con un doppler (il volume era talmente alto che sicuramente avrete sentito pure voi... No, non era il vicino che trombava, era il cuore di mio figlio) inizia a scendere dal soffitto un raggio d'acqua che pareva che uno incontinente ci stesse pisciando addosso. Mentre gridavo al miracolo tipo napoletano il giorno in cui si scioglie il sangue di San Gennaro, la gine mi invitava ad
uscire dalla stanza. Eravamo entrambe compiaciute dello strano evento, tipo due coprofiliache con propensione per la pipi'. Le manovre di emergenza, come ben sapete, durante la gravidanza sono pressoché impossibili! Mi dimenavo sopra il lettino tipo posseduta, facendo di tutto per
alzarmi e fuggire prima che il soffitto mi crollasse addosso. Il problema era che più cercavo di alzarmi e più rimanevo stesa! Una tragedia! Finalmente sono uscita e sono andata a lasciare le mie urine. E' sempre grazioso questo momento! C'e un bagno attrezzato con bicchierini sterili, penne e quant'altro. Finita la faccenda, si scrive sul bicchierino nome e cognome, si apre uno sportellino sul muro, c'e un ripiano ove si appoggia il contenitore e, infine, si deve pigiare un bottone affinché, dall'altra parte, l'infermiera ritiri il "prodotto". Non sto a raccontare l'intera manovra nei suo dettagli più intimi per conservare un po' di dignità.
L'unica cosa che ho pensato appena sono uscita dal bagno e' stata: "Meno male che questa volta non me la son fatta sulle mani!". Arriva il prelievo, il mio maggior incubo! Come al solito sudavo, mio marito rideva e l'infermiere gay ( quello che prima danzava, a suo dire, per rilassarsi) aveva capito quanto avessi fifa e, impietosito, cercava di tenermi occupata facendomi domande idiote. Ad un certo punto gli e' venuto in mente di chiedermi se fossi brasiliana. "Ma come!", trapelava dal mio sguardo occupato a fissare il pavimento in cerca di un granello di polvere che mi aiutasse a non pensare alla penetrazione in atto. "Sono italiana", ho risposto col sorriso fintissimo. "Ho messo pure la maglietta della Luisa Spagnoli con scritto Roma, Perugia e Milano (sottinteso:per evitare certe domande coglione)!". Mi ha risposto mezzo offeso che non aveva fatto caso alla mia t-shirt. Frattanto si vendicava stringendomi con rabbia un cerotto elasticizzato di color blu all'altezza del gomito che, mezz'ora dopo, mi ha mandato in cancrena la mano. Dulcis in fundo, avevo deciso di farmi male fino in fondo e, così, mi son fatta fare il vaccino per l'influenza. Torniamo in una delle stanze per le visite dove mi attendeva il bracci destro della mia ginecologa. Naturalmente, alla vista della siringa, ho iniziato a tremare e fare la mia solita risata isterica per sdrammatizzare. L'Ing., come al solito, rideva di gusto perché lui ha propensioni masochiste che non ha mai confessato a nessuna. Anche a lui sarebbe piaciuta una penetrazione con ago! Ebbene, l'infermiera mi ha chiesto se con le punture ci fosse l'eventualita' di un mio svenimento. "Svenire no ma piangere si". "Ok, siediti" mi ha intimato gentilmente. 2 secondi e aveva finito! E' una messicana che c'ha la schiena più larga di quella di babbo(secondo me con lo stesso ammontare di peluria) pero' e' delicata... con le punture! Oggi c'ho un dolore al braccio che pare che ieri mio marito ci si e' allenato per la box.

Wednesday, September 28, 2011

Aria fresca

Non ho mai pensato di uscire di casa tanto per cambiar aria. Beh...eccezion fatta quando il Mummu', da cucciolo, te ne faceva un chilo sul pavimento che non sapevi nemmeno da dove iniziare per raccoglierla. Ma questa e' merda e non e' l'argomento di oggi. La dirittura d'arrivo della gravidanza e' caratterizzata da mille cose tra cui, la piu' curiosa, e' il nesting. Che vor di'? Significa sudare 7 camicie per pulire 1 cm quadrato di pavimento. Quando sei in dolce attesa quei 90 metri quadri che prima pulivi in un'oretta, volando come una libellula tra una stanza e l'altra, li fai in una settimana. E, arrivata all'ultimo giorno, ti senti pure soddisfatta di cio' che hai fatto. "Oggi ho pulito tutta casa!" che, tradotto, significa "E' passato un mese da quando ho iniziato a pulire 'sto appartamento e oggi ho finalmente finito, cazzo come son brava, figa, ecc...". Le parole della donna gravida, Signori miei, vanno ben tarate. Questo per due ben precise ragioni: vogliono essere continuamente lodate e compatite, pure allo stesso tempo! Stanno, infatti, portando avanti una cosa che sa dell'incredibile, che Star Trek in confronto era reale piu' della gita quotidiana dal panettiere; dall'altro lato, questa missione fantascientifica comporta dei dolori sconosciuti alla scienza moderna che le fanno penare come un vecchio con la cirrosi. Il nesting sta colpendo inesorabilmente anche a me e mi fa venire in mente strane idee. La peggiore e' stata quella di pulire il forno. Sapevate che si puo' morire? Io non lo sapevo. Ora faccio parte dei sopravvissuti. La scritta "clean" vicino alla manopola della temperatura non mi aveva mai affascinata, diciamo piuttosto che non me l'ero mai cagata. Entrata al settimo mese di gravidanza, come per magia quella scritta ha iniziato a concupire il mio sguardo e, come uno che si e' fatto 20 anni di galera senza una donna, dovevo toccarla, accenderla. In realta' le manopole del "clean" sono 2, come le tette. Le afferro entrambe allo stesso tempo e le faccio girare. Inizia un rumore strano tipo macchina infernale di Nightmare on Elm Street. Si accende un segnale color arancione Halloween a forma di lucchetto e si spegne la luce dentro al forno. Il rumore diabolico e' sparito improvvisamente, io mi calmo e mi siedo a curiosare su internet. Noto con la coda dell'occhio che sul display del forno inizia un conto alla rovescia di 3 ore. Il pane impastato la mattina doveva essere cotto per l'ora di cena e quelle 3 ore di attesa mi avrebbero fatto far tardi. Accidenti al nesting, ho pensato. Innervosita conducevo la mia attenzione di nuovo sul computer, per pochi secondo. Ricomincia un frastuono, lo stesso che ho sentito al momento dell'accensione del forno per la pulizia. Accidenti al nesting, questa volta ad alta voce! Poco dopo inizio a sentire odore di fumo. Non l'odore della sigaretta che, a dire il vero, ora mi sembra tutto fuorche' buono anche se fino a pochi mesi fa lo era. Era proprio odore di bruciato, proprio come quando feci la pizza per la prima volta. Nonostante l'aria iniziasse a farsi sempre piu' grigia, rimanevo seduta a farmi gli affari miei. Per rimediare avevo aperto timidamente la finestra, non era sufficiente. Quando gli occhi hanno iniziato a lacrimare e la gola era arsa tipo bosco durante un incendio estivo, ho deciso di uscire di casa. Mi sono coperta, ho preso la mia borsetta e sono fuggita, letteralmente! Come al solito avevo dimenticato di prendere qualcosa. Retro march, mi piazzo davanti la porta, trattengo tutto il fiato che posso, giro la chiave e inizio a corricchiare lungo l'ingresso. Acciuffo alla meno peggio l'oggetto dimenticato e mi fiondo fuori. Il fumo in casa era aumentato sensibilmente: 90 metri quadri di morte! Scendo al primo piano e qualcuno ha voluto che incontrassi subito l'ometto della manutenzione. Gli spiego cio' che stava accadendo e lui ride. Ecco, in questo istante credo che l'omicidio sia lecito pero' mi serviva troppo 'sto tizio qui e ho desistito dai miei intenti criminosi. Si torna al quinto piano, si torna al campo di battaglia. Cercavo di camminare veloce nel fargli strada poiche' mi immaginavo che la situazione era peggiorata come non mai. Riapro la porta e al primo respiro ho fumato tutte le sigarette che non mi sono fatta in 6 mesi. Bene! Faccio andare avanti il tuttofare che, appena entrato, ride. In quel momento mi stavo chiedendo: "Come si dice ridi 'sto cazzo in inglese?". Dopo aver spalancato tutta la finestra della sala, il tizio si avvicina al forno, si accovaccia e fa finta di cercare di capire cosa stia accadendo e di porre rimedio al fattaccio. Rialzatosi, si gira verso me e dice "It is normal!". Se io avessi fatto fuori quell'uomo in mezzo a tutto quel fumo nessuno si sarebbe accorto e sarebbe quella stata una grande occasione per diminuire il numero di teste di minchia in giro per il mondo. Quel giorno il carpe diem ho deciso di non sfruttarlo, per la seconda volta... Siamo usciti di casa entrambi sconfitti: io avevo casa che sembrava Londra nei primi della rivoluzione industriale, lui si era reso conto che la sua azione era stata tutta una grande stronzata. Mi incammino verso il centro, lo smog di Seattle nell'ora di punta era aria fresca che respiravo a pieni polmoni e i negozi mi invitavano a fare acquisti. Questa volta ho colto l'attimo...anche troppo!

Monday, September 26, 2011

L'inglese che io parlo

A volte, anche in una citta' super liberal, super progredita come Seattle, la gente ti fa sentire come nei nostri "buchi di provEncia" (come direbbe la mia studentessa). Ed e' per questo, probabilmente, che mi trovo bene. Si, insomma, mi sento a casa. 
Il mio accento inglese si sente che ha qualcosa di esotico e, vi giuro, faccio di tutto per pronunciare le parole come fanno loro ma, naturalmente, nulla da fare. La peggior cosa e' stata una valutazione di mio fratello. La piccola canaglia ha detto testuali parole, nel suo italiano super corretto ovviamente (perche' lui gode nel farti sentire una caccola del naso): "Si sente che sei di Perugia anche quando parli inglese". Per fortuna che vado fiera dell'accento che porto, altrimenti ora sarei figlia unica. Ordunque, nel weekend si stava facendo un po' di sano shopping a downtown. La realta' e' che, per uscirel, avevo messo un maglioncino di quando ero normopeso. Potete immaginare lo stesso maglioncino messo su ora che non sono affatto nella norma, qualsiasi norma. In piu' sentivo caldo. Dopo 45 minuti di sauna in camerino me ne esco con i miei trofei che spero, in un futuro tutt'altro che prossimo, poter regalare a qualche frequentatrice del centro ricreativo "Grasso e' bello". Mi dirigo verso l'uscita per pagare e li', come e' ovvio, trovo la cassiera. Una bella bambolona iscritta al club "100Kg per gamba", che aveva da fare con una cinese che teneva in mano una ventina di abiti. Frattanto il marito di quest'ultima se ne stava appoggiato e mezzo dormiente tra le magliette in saldo. La cassiera mi guardava cercando di coinvolgermi nello strano discorso. Io, ovviamente, non capivo nulla perche' ero piu' interessata al marito dell'asiatica in preda ad una sincope tra le t-shirts. Finalmente sbuca un'altra ragazza che mi invita ad andare ad un'altra cassa ove non c'era fila. Questa seconda bambolona era bionda, alta e magra, dalle chiare origini norvegesi. Segni particolari: aveva il QI di Memole. "Hai trovato tutto cio' che cercavi?" rivolgendosi a me. Dunque, apriamo una parentesi, questa e' una delle frasi tipiche che ti propinano nei negozi. Sinceramente non ho mai risposto "no", altrimenti non sarei andata fino alla cassa. Ma una volta lo faccio, cosi' la commessa ci rimane di merda. Tornando alla nostra Barbie cashier, rispondo come di consueto alla sua ovvia domanda ed apro il mio portafogli. Quest'ultimo e' un semplice porta tessere di plastica che ho preso a gennaio a Londra per mettere la card della metro. Si apre a libro e le prime due tessere che tengo esposte sono la Visa a sinistra e la carta di indentita' del WA State a destra. La cassiera, forse per farmi avere la certezza al 100% che non capisce un ca**o, mi dice" Are you from Seattle?" e, allungando il collo per sbirciare sul mio documento, senza nemmeno permettermi di fiatare, esce con un: "Yes,you're!". Ma brutta pirla che non sei altro...ma te sembro from Seattle? Me ce prendi pure pel culo che parlo il peruginenglish? Piu' che altro: ma chi t'ha chiesto di sbirciare dentro il mio porta tessere? Qui mi son sentita molto a contatto con una cultura che mi appartiene: quella del volemose bene e damose 'na pacca sulla spalla che tanto semo tutti amici. Durante tutta questa vicenda indovinate chi ci stava dietro a me???? L'Ing.!!! Sorridente e col petto in fuori per farsi vedere dalla nostra Arcuri versione scandinava. Ero tranquilla: lei c'aveva un solitario che lui non potrebbe mai permettersi di comprarle!

Friday, September 23, 2011

Io parlo da sola


Lo sanno tutti. Sono un tipo socievole io. Mi piacciono le amicizie, soprattutto quelle che nutro dentro e che sento mie, intoccabili. Poi sono anche favorevole a farne di nuove ma, ultimamente, la cosa mi ha deluso assai quindi me ne sto da me. Dalle mie parti si dice che non c'e' miglior interlocutore che il proprio ego poiche' si finisce sempre per aver ragione. E a me piace aver ragione. Ma la ragione si da ai matti, a quelli che, appunto, parlano da soli. E' un cane che si morde la coda ma io ho scelto di parlare da sola. Forse ho anche deciso di essere matta ma quello e' un altro paio di maniche. E' da un po' che leggo in giro-e mia nonna me lo conferma ogni giorno-che occorre stabilire un contatto col feto. In particolare bisogna parlargli, cantargli le ninna nanne, fargli ascoltare Mozart perche' per lo sviluppo del cervello e' un toccasana e far si che il partner gli faccia sentire la sua voce. La lista e' gia' di per se troppo lunga e, in quanto tale, stancante. Almeno io la vedo cosi'. Ora, io questa creatura la amo immensamente ma, ad essere sincera, non so bene cosa dirgli. E non sono l'unica madre snaturata! Insomma, ammettiamolo, e' imbarazzante volgere lo sguado verso una parte del tuo corpo che assomiglia ad un mappamondo ed iniziare a dirgli: "Sai, nonostante Obama sia stato protagonista della cattura di Bin Laden, non e' piu' popolare come quando fu eletto...tu che ne dici? E' meglio lui o Bush. Mah...la gente si lamenta ora come si lamentava prima. Eh...non e' piu' come una volta. E le stagioni non sono piu' 4, bensi' 2. Ci hai fatto caso?". Ancor piu' stravolgente e' iniziare a dire:"Amore, la mamma ti ama!", "Amore che fai la nanna?", "Tesoro quando sarai tra le mie braccia ti faro' tante carezze". No, mi rifiuto. In tutta onesta' qualche volta lo faccio ma mi sento a disagio e dopo una frase tronco il discorso facendo finta di dover fare qualcosa di urgente...come se lui, da li' dentro, si accorgesse che il mio ragionamento e' incompiuto e io sto rimediando ad una figura di cacca! Cio' e' ancora piu' imbarazzante! Circa le filastrocche ho capito che gli piace molto Katy Perry per cui metteremo su il CD della cantante pop a palla e cosi' tagliamo la testa al toro. Quella di Mozart e' la parte piu' semplice: la mattina verso le 7 riesco finalmente ad addormentarmi (non e' uno scherzo!). Per prendere sonno piu' in fretta metto la playlist creata da Youtube con le opere di questo musicista e le jeux sont fait! Cadiamo entrambi in un sonno profondo che nemmeno il piu' bravo degli ipnotizzatori sarebbe in grado di indurre! Al contrario la parte del dialogo partner (nel mio caso l'Ing.) feto e', come direbbero qui, un pain in the ass. Il mio lui non e' un romanticone, certe delicatezze madre natura non gliele ha concesse ed esprime i suoi sentimenti in tanti modi fuorche' a parole. Ogni tanto lo obbligo ad instaurare un monologo con Sguingui ma l'unico risultato fin'ora ottenuto e' un bacetto all'altezza del mio ombelico, uno "Sguinguiiiiiiiii" e un discorso, questa volta rivolto a me, circa la giornata di lavoro. In tali casi il bimbo ha imparato che il pollice serve non solo per essere ciucciato, ma anche per attapparsi meglio i timpani, io cado in uno stato di catalessi che ho imparato a raggiungere dopo 10 anni di frequetazioni con l'Ing e lui, per non autoinfliggersi una pena, parla ma non si ascolta. L'ho capito perche' racconta ogni sera le stesse cose e se gli dici "Amore gia' l'hai detta" ti guarda storto e sfodera un sorriso mezzo offeso. Pazienza!

Thursday, September 22, 2011

L'annunciazione

Premesso che il gelato mi era sempre piaciuto tanto, nessuno osava affernare che in quel periodo mi stava piacendo troppo perche' ero in dolce attesa. Addirittura diventavo capricciosa, cattiva ed arrogante se l'Ing. non fuggiva a comprarmelo. Nessuno se ne capacitava o, meglio, nessuno voleva ammetterlo che ero un essere che ne conteneva un altro. Ed entrambi avevano bisogno di gelato. Ora! Bene...era aprile ed arrivo' il tanto sognato momento di partire per Miami. Era, per me e non certo per l'Ing. che li' avrebbe lavorato, il viaggio tanto sognato! Quello che ti ci prepari caricando sull'ipod tutte musiche fighe che ti fanno immaginare di essere in una discoteca bellissima, con cocktails a fiumi, animazione da urlo ed un DJ che mette solo i brani che ti piacciono. Naturalmente il sogno ad occhi aperti comprende anche tanti ragazzi che ti fermano ogni 2 passi per dirti quanto sei carina! Si avvicinava la partenza ed io non tenevo minimamente in considerazione di avere un ritardo di 10 giorni. Ero troppo occupata a comprare vestitini super scollati e costumini colorati che brillassero accostati alla mia carnagione abbronzata! Arrivati a Miami ricordo ancora il cuore che tremava come quello di un bimbo davanti ad un negozio di dolciumi. Ero troppo emozionata! A 18 anni non avevo fatto il mio viaggio a Ibiza, al contarario di ogni ragazza amante delle discoteche come me. Con Miami era arrivata la mia rivincita...e che rivincita! Mio marito lavorava sodo quei giorni presso una fiera. Io, spudorata, mi svegliavo alle 11, facevo una bella colazione e mi catapultavo in spiaggia ad ammirare gli yacht di qualche personaggio famoso, le curve di ragazze cubane ed i muscoli scopliti di qualche giocatore di beach volley. Ero in un paradiso terrestre e mai nessuna mela avrebbe avuto il potere di farmi cacciare da li'! Fatto sta che il penultimo giorno di quella vacanza fantastica era stato l'ultimo di lavoro per mio marito. Decidiamo di andare a pranzo in un bel ristorantino. Ricordo l'insalata di polipetti consumata sotto dei salici e la gente che parlava spagnolo. Tutto cio' circondato da odore di terra calda e di caffe'. Ad un certo punto la degustazione del pranzo e' stata bloccata da un qualcosa che stava accadendo a me: aiuto, sto per svenire! Abbiamo consumato in fretta cio' che rimaneva e l'Ing. si azzarda ad esporre cio' che gli frullava per la testa da un po': "Sei incinta, andiamo a comprare il test". Un passo indietro: avevamo programmato la gravidanza. Era da febbraio che non prendevo piu' la pillola ed avevo fatto tutti i test del sangue che possano esistere. Il fatto e' che ci rimaneva difficile pensare che in un mese saremmo riusciti a procreare e invece... Invece quel giorno e quel test ci hanno smentiti. La scena e' questa: io seduta sulla toilet dell'hotel a South Beach con un bastoncino di plastica su una mano e le istruzioni per il suo utilizzo sull'altra. Una riga: stasera si va di nuovo in discoteca, ci si ubriaca come la notte in cui siamo arrivati, si torna in camera e si fa sesso sfrenato finche' non sorge il sole. Due righe: non avevo piani. Ok, era meglio iniziare a fare progetti. Ricordo che ho urlato:"Papa'" per fargli capire il risultato. Lui stava parlando con i suoi su Skype. Lo vedo comparire incredulo sull'uscio della porta, mi abbraccia, ci baciamo! Pero' non eravamo soddisfatti al 100%, ci voleva una prova ancora. La pipi' di lui sul test rimasto inutilizzato. Manco a dirlo che il risultato era "non incinto". Beh...meno male! Due figli contemporaneamente sarebbe stato troppo! Iniziano cosi' tutte le procedure per l'annunciazione. Quale miglior modo per dare la lieta notizia e, soprattutto, quale via scegliere per non far prendere un accidenti a mia mamma? Ebbene si, la persona che sarebbe svenuta, proprio come accade nei film, non ero io, non era l'Ing ma la Simo! Sentivo in quel momento che partivano le sinapsi ma non avevo idee brillanti in merito alla questione. L'Ing. sudava al sol pensiero della reazione della suocera. Finalmente eureka! Scattiamo una foto ai 2 test appena fatti e gliela spediamo insieme alle altre foto scattate in spiaggia. Lupus in fabula, compare mammina cara su Skype che viene invitata, con un sorriso piu' finto di quello di Barbie, a visionare le foto sulla casella di posta elettronica. Beata commenta le spiaggie, gli yacht e poi fa un tiro di sigaretta che il mozzicone ha illuminato l'intera sala. Con gli occhi di chi tenta di scrutare qualcosa in lontananza esclama:"Eh, ma tu sei incinta"..." Eh gia'!", rispondo in coro con l'Ing. L'Apocalisse non si e' scatenata e, cio' che piu' conta, la Simo non si e' sentita poi cosi' tanto vecchia come immaginava di sentirsi qualora, un giorno, le avessimo dato notizia di tal genere. Era questo che la rendeva nervosa nell'apprendere la novella dell'arrivo di un nipote. Il mio papa', il Dott., non ha esternato alcun atteggiamento che solitamente ci si aspetta ma ha accolto l'annunciazione con un "Auguri!". Tutto era andato alla grande. C'era solo un piccolo particolare: la coppia io-Ing ancora non aveva capito cosa era accaduto e, piu' che altro, credeva non fosse vero. Ci siamo ripromessi di attendere l'indomani e fare un altro test per la conferma. Il giorno seguente, l'ultimo della vacanza, ho rifatto il test. Mio marito aveva la febbre (ironia della sorte!) ed era in catalessi sul letto. Esco dal bagno, mi dirigo verso la terrazza ove c'era mammina cara ad aspettarmi su Skype. Ho confermato il risultato positivo, ho acceso l'ultima sigaretta e ho iniziato a fare progetti...i piu' belli della mia vita!

Wednesday, September 21, 2011

C'era una volta, 14 anni fa

Me la ricordo ancora la guida turistica. Era una donna francese di mezza eta', con un fisico alla Kate Moss ed una faccia con una ruga ogni 3 secondi. Sto esagerando, va beh...ogni 30 secondi. I capelli erano castani che ridavano sul rossiccio, lunghi, crespi e mossi. L'accento era quello tipico di una francesce che da pochi anni vive in Italia. Stessa pronuncia, stesso vocabolario. Era brava e ce la metteva tutta. Secondo me aveva un rapporto piu' che amichevole con l'autista ma queste sono solo mie congetture (certezze). La collocazione spazio-temporale di questa signora e la scrivente e' questa: Stati Uniti d'America, zona ovest, 14 anni fa. Eravamo un gruppo di turisti provenienti da tutta Europa. Ricordo, in particolare, la ragazzetta mia coetanea proveniente da Milano in compagnia di sua mamma e sua nonna. La teenager olandese accompagnata dal padre che, alla tenera eta' di 15-16 anni, aveva gia' il permesso di fumare...le sigarette eh! C'ero pure io, capelli lunghi, semi ingenua, con l'apparecchio che mi era costato il nickname Robocop, in vacanza con mamma, papa' e fratellino. Quel viaggio comprendeva la visita di 4 stati:California, Utah, Nevada ed Arizona. Io mi ricordo di essere stata a San Francisco, Los Angeles, Universal studios, Las Vegas, Phoenix ed al Gran Canion. Ah...ricordo anche il fiume Colorado che e' chiamato cosi' perche' questa parola in spagnolo significa rosso e, appunto,  rosso e' il colore del fiume per via del terreno su cui scorre (mi ricordo solo questa spiegazione e ve la dico cosi' come me l'hanno venduta, pertanto non sono ammessi insulti). Gli altri posti li ho rimossi...evidentemente non avevano catturato l'attenzione del nostro Robocop. Un giorno, durante questa vacanza, la signora guida turistica francese, durante una sosta mi si avvicino' mentre stavamo guardando un paesaggio in lontananza. Io le chiesi come aveva fatto a finire negli USA. Lei, con la sua "R" uvulare ed il timbro di voce elegante, mi racconto' che da bambina, mentre contemplava il mare con sua madre, punto' il suo dito verso l'orizzonte e disse :"Mamma, da grande voglio andare ad abitare dall'altra parte del mare". Ho pensato io: "Cacchio! Anche io mi voglio affacciare da un balcone di Cecina ed esprimere questo desiderio! Che gran figata vivere negli USA!". In realta' non ho mai compiuto questo rituale di buon auspicio ma, come per magia (o culo, che dir si voglia) dopo 14 anni mi ritrovo a vivere a Seattle. Mission accomplished! Lo devo in primis a mio marito e, in secondo luogo, ai miei che mi hanno lasciata andare...solo perche' si fidano di mio marito. Ora sono piu' di 2 anni che abito qui. I pro:esperienza di vivere all'estero, abbandono della mentalita' di provincia, conoscere gente nuova, imparare bene l'inglese, accorgersi che al mondo possono esistere politiche commerciali fantastiche,  rispetto assoluto per i pedoni, migliaia di servizi senza spostarsi da casa, imparare a cavarsela da soli, e, dulcis in fundo, partorire un figlio che avra' la doppia cittadinanza. Contro: la gente e' amichevole secondo le circostanze, i ristoranti sono luoghi in cui si spendono soldi inutilmente, la mancia, restrizioni troppo severe per i fumatori, circa 15 ore di viaggio per ritornare a casa dalla tua famiglia, i poveri non hanno alcuna assistenza e muoiono per strada e il mio silk epil non funziona a causa del diverso voltaggio. Passo la mia giornata in completa solitudine, eccezion fatta per quelle lezioni di italiano che impartisco per hobby e che, in realta' dovrei, prendere io. Gran parte del tempo ci sono i miei a farmi compagnia su Skype ma guardano la TV e non mi calcolano. Mio marito torna la sera dopo 11 ore di lavoro, e' stanco, va ad allenarsi e spende le ultime energie che ha per darmi attenzioni, fare la lavastoviglie e cuocere la carne al barbeque. Questa e' la mia vita a Seattle...piu' o meno! Dopo 14 anni Robocop e' tornato! Yeah!!!

Da cosi' a cosi' cosi' a...


 Questo blog e' stato creato per mostrarvi il percorso -e tutto cio' che accade durante lo stesso-   per diventare da cosi' a...