Friday, September 30, 2011

Doppia penetrazione

C'è odio, troppo odio in questo mondo. Qualcuno odia quelli coi capelli rossi, altri odiano chi parla con l'accento british, io detesto le siringhe. Non so da dove sia nata la mia fobia, di sicuro nessuno ci ha mai fatto troppo caso quando ero piccola e ora me la porto dietro tipo catena ai piedi. Ieri e' stata una giornata ricca di incontri ravvicinati col nemico. Questo nemico, l'ago, da cui mi faccio penetrare ogni volta che varco la soglia degli ambulatori di ginecologia. Il problema non e' la penetrazione, figuriamoci...non lo e' mai stata!!! L'incubo nasce dall'idea che c'e un pezzo di ferro, seppur sterile, che mi sta trapanando il braccio. Possiamo, dunque, dire che c'e penetrazione e penetrazione. So già che le donne concordano. Ordunque ieri mi attendeva la tanto agognata visita per il controllo del diabete gestazionale. Si tratta di una patologia che si sviluppa durante la gravidanza e che ti abbandona, se sei fortunata, nonappena il piccolo decide che tu debba tornare un essere umano normale. Insomma, dopo il parto. Appuntamento alle 15:20. Esco da casa, scendo lungo la strada e, come la più brava delle prostitute, mi metto a sbracciare per tentare di bloccare un taxi. Dopo 15 minuti (Seattle non e' come New York) riesco a fermare il temutissimo orange cab. Questo tipo di taxi e' la brutta copia ufficiale del più famoso yellow cab. La sua peculiarità sta nel fatto che, se riesci ad arrivare a destinazione, puoi indossare la maglietta con scritto "I'm a survivor" che ti viene data dall'autista guarito da pochi giorni dalla malaria. In realtà sono le t-
shirt che sono avanzate a Spielberg con Jurassic Park, donate dal regista alla società dei
taxi arancioni, dopo averne sperimentato uno. Salita sul cab, chiedo timidamente di essere portata (viva) al Polyclinic di Capitol Hill e, aggiungo, di poter pagare con la carta di credito. Ho la mania di non spendere i dollari in carta, ma questa e' un'altra faccenda. Il simpatico autista si gira a guardarmi come se avessi chiesto "Ti posso toccare il culo bel signore Etiope?". "La mia macchinetta per le carte di credito e' rotta" mi risponde. "Ok, pago in contanti, sto zitta, buona e non ti scasso i maroni per i prossimi 5 minuti" ho pensato. Il tassista era di chiara origine somala o etiope, aveva i denti d'oro e gli occhi bianchi con un po' di marrone al centro. Gli mancava il cappello nero, la benda sull'occhio ed il coltello a serramanico in bocca che poi poteva pure partire la sigla dei Pirati dei Caraibi. Il nostro corsaro, con sorriso da protagonista cattivo, mi chiede delucidazioni sul percorso da fare per arrivare in ospedale. "Va sempre dritto" gli dico io con aria sicura. "Si, ma poi bisogna
girare ad un certo punto" risponde lui. "Si, si...girare, ...are!" faccio io, sempre più consapevole di non conoscere la via per arrivare al luogo ove partorirò. Il discorso si e' troncato li', anche perché in 2 minuti e 7 dollari dopo ero dinanzi al portone del Polyclinic. Dato che c'ero sempre stata con l'Ing, l'entrata consueta era il parcheggio. Questa volta, benché fossi scesa davanti all'ingresso, non sapevo da dove accedere. Faccio le scale mobili, un giro del palazzo un po' a cavolo e, finalmente, riconosco l'entrata. L'ascensore era vuoto ed e' rimasto così per poco. Al primo piano entra un orda di gente, tra cui uno che aveva fumato e che si stava beccando tutta la carrellata di insulti che ho imparato in 2 anni a Seattle. Finalmente arriva il sedicesimo piano. Lascio l'ascensore e mi dirigo a fare il check in. Come al solito la segretaria (che, detto tra noi, sembra la controfigura di Pippi calzelunghe) mi accoglie con una bella alitata al sapore di aglio. L'odore e' talmente forte che riesce ad abbassarmi la pressione ogni volta che me la misurano. Dracula, invece, morirebbe direttamente. Finite tutte la pratiche di ingresso, vengo invitata ad andare a bere il glucose drink. Avevo sentito parlare di questa bevanda. Ne avevo sentito parlare molto male. Mi dirigo verso la sala prelievi e c'era l'infermiere gay che danzava a tempo di musica improvvisata lui stesso e dal suo schioccare di dita. Dopo qualche buon secondo si accorge che c'ero io come spettatrice di quella pietosa performance. Per non farlo sentire una cacca, inizio a ballettare pure io facendogli richiesta, a tempo di musica, del drink. Prendo in mano questa bottiglietta da 33ml, la guardo, la apro, realizzo che e' al sapore di lime e inizio a bere. Il primo pensiero e' stato "Niente male!". Torno in sala d'attesa e mi collego con mamma su Skype. Inizio a chiacchierare e a sorseggiare quella cosa che sapeva di sprite. Mano a mano che bevevo mi rendevo conto che lo zucchero era in quantità superiori a quelle consentite dal metabolismo di un essere umano. Poteva, insomma, condurre ad una morte molto celere. Gustavo, si fa per dire, con tutta calma la mia bevanda tra gli sguardi curiosi delle segretarie. Mi chiedevo perché guardassero me e poi si scrutassero tra di loro ma non volevo fare quella con la coda di paglia, per cui ho lasciato stare. Ad un certo punto una di loro prende coraggio e mi chiede:" Ma te lo hanno detto che la devi bere entro 5 minuti?". Mi son sentita la più tonta dell'intero emisfero settentrionale. Inizio, allora, a ingurgitare quella sottospecie di sprite con tutta la foga che avevo. La mia gola non si era mai sentita peggio di così! Avevo una patina di glucosio che andava dalle tonsille fino allo stomaco e sembrava dirmi:"Staremo sempre vicini vicini". Tempo due secondi, inizio a sentire bolle d'aria che volevano uscire dalla trappola di glucosio e che non sapevo come liberare senza farmi troppo sentire. Il tempo trascorreva, tra un rinfaccio e l'altro. Durante l'ora di attesa prima del prelievo, ho fatto la visita di routine. La pressione, grazie all'alito della cara Pippi era 100 e 68... Una meraviglia! Successivamente, mentre ascoltavamo il cuore di Sguingui con un doppler (il volume era talmente alto che sicuramente avrete sentito pure voi... No, non era il vicino che trombava, era il cuore di mio figlio) inizia a scendere dal soffitto un raggio d'acqua che pareva che uno incontinente ci stesse pisciando addosso. Mentre gridavo al miracolo tipo napoletano il giorno in cui si scioglie il sangue di San Gennaro, la gine mi invitava ad
uscire dalla stanza. Eravamo entrambe compiaciute dello strano evento, tipo due coprofiliache con propensione per la pipi'. Le manovre di emergenza, come ben sapete, durante la gravidanza sono pressoché impossibili! Mi dimenavo sopra il lettino tipo posseduta, facendo di tutto per
alzarmi e fuggire prima che il soffitto mi crollasse addosso. Il problema era che più cercavo di alzarmi e più rimanevo stesa! Una tragedia! Finalmente sono uscita e sono andata a lasciare le mie urine. E' sempre grazioso questo momento! C'e un bagno attrezzato con bicchierini sterili, penne e quant'altro. Finita la faccenda, si scrive sul bicchierino nome e cognome, si apre uno sportellino sul muro, c'e un ripiano ove si appoggia il contenitore e, infine, si deve pigiare un bottone affinché, dall'altra parte, l'infermiera ritiri il "prodotto". Non sto a raccontare l'intera manovra nei suo dettagli più intimi per conservare un po' di dignità.
L'unica cosa che ho pensato appena sono uscita dal bagno e' stata: "Meno male che questa volta non me la son fatta sulle mani!". Arriva il prelievo, il mio maggior incubo! Come al solito sudavo, mio marito rideva e l'infermiere gay ( quello che prima danzava, a suo dire, per rilassarsi) aveva capito quanto avessi fifa e, impietosito, cercava di tenermi occupata facendomi domande idiote. Ad un certo punto gli e' venuto in mente di chiedermi se fossi brasiliana. "Ma come!", trapelava dal mio sguardo occupato a fissare il pavimento in cerca di un granello di polvere che mi aiutasse a non pensare alla penetrazione in atto. "Sono italiana", ho risposto col sorriso fintissimo. "Ho messo pure la maglietta della Luisa Spagnoli con scritto Roma, Perugia e Milano (sottinteso:per evitare certe domande coglione)!". Mi ha risposto mezzo offeso che non aveva fatto caso alla mia t-shirt. Frattanto si vendicava stringendomi con rabbia un cerotto elasticizzato di color blu all'altezza del gomito che, mezz'ora dopo, mi ha mandato in cancrena la mano. Dulcis in fundo, avevo deciso di farmi male fino in fondo e, così, mi son fatta fare il vaccino per l'influenza. Torniamo in una delle stanze per le visite dove mi attendeva il bracci destro della mia ginecologa. Naturalmente, alla vista della siringa, ho iniziato a tremare e fare la mia solita risata isterica per sdrammatizzare. L'Ing., come al solito, rideva di gusto perché lui ha propensioni masochiste che non ha mai confessato a nessuna. Anche a lui sarebbe piaciuta una penetrazione con ago! Ebbene, l'infermiera mi ha chiesto se con le punture ci fosse l'eventualita' di un mio svenimento. "Svenire no ma piangere si". "Ok, siediti" mi ha intimato gentilmente. 2 secondi e aveva finito! E' una messicana che c'ha la schiena più larga di quella di babbo(secondo me con lo stesso ammontare di peluria) pero' e' delicata... con le punture! Oggi c'ho un dolore al braccio che pare che ieri mio marito ci si e' allenato per la box.

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