Thursday, October 6, 2011

(Dis)Avventure di viaggio (parte 1)



Premetto che a me New York fa cagare. Ci tengo sempre a putualizzare questa mia opinione. Vuoi un po' per creare scandalo perche' la gente e' fermamente convinta di quanto sia affascinante NY, sebbene non ci abbia mai messo piede; vuoi un po' per dire la mia, che ci tengo sempre tanto. E quando, poi, sto zitta e non mi esprimo son cazzi. Che mio marito mi guarda e dice che pagherebbe per capire cosa frulla in questa testolina. You don't wanna know, direbbero da queste parti. Siamo stati a NY nel 2010, perche' era d'obbligo visitarla prima che terminasse la nostra avventura negli States. Che cazzata! L'Ing. aveva un collega che e' tornato in Italia a fine 2009. Questo tizio, ogni tanto,  trascinava la moglie a visitare zone degli USA con viaggi organizzati alla buona solo perche' "tocca andacce prima de parti' da qua (ecchecazzo)!". Il mio di viaggio era ben organizzato, c'era lo zampino dell'Ing. che nel curare i dettagli e' un portento; c'ero io che dettavo regole su cosa visitare e cosa tralasciare. Si parte! Ho affrontato questa visita della grande mela con l'influenza, il mal di gola, la sonnolenza per tutti i farmaci che avevo in circolo che manco nonna mia ne ha mai assunti tanti tutti insieme e, cio' che piu' conta, avevo le balle girate. Ero sull'incazzato andante. NY ci ha accolti con la sua coltre di smog, il suo traffico, i luoghi super affollati e i pericoli dietro ciacun angolo. La cosa che ricordo meglio di questa citta' e' che, nonostante io fumassi circa 20 sigarette al di' e i miei polmoni fossero abituati a tanta merda, questa citta' era peggio di una sala fumatori senza ricircolo d'aria: invivibile! Sorvolando sulle ore d'attesa prima di poter fare il check in, sorvolando le mie bestemmie, sorvolando che non ce la facevo nemmeno a fumare per calmarmi da quanto stavo male, finalmente ci danno la stanza. L'Hotel si chiama Roosevelt ed e' vicino a Grand Central Station, abbastanza centrale. Entrata in camera ho fatto la mia consueta ispezione del cesso con tanto di pulizie (si, pulisco i cessi delle camere degli alberghi in cui vado). Il mio sguardo cade su un punto che contrastava coi colori soft delle piastrelle. Questo punto era la tazza del cesso e questa cosa fin colorata era merda. Le sembianze dell'Ing. cambiano repentinamente. Si e' trasformato da ragazzo felice di fare la sua prima esperienza in una delle citta' piu' famose a Gargamella: incazzato del brutto! Io mi sono accovacciata a terra in prossimita' della tazza e, con un occhio piangevo, con l'altro guardavo incredula quel mostro marrone che mi stava rovinando la acanza. Tutto questo mentre mio marito parlava con la direzione in un inglese molto scurrile, che pure Marilyn Manson si sarebbe sentito a disagio. Nonostante il mio malessere (riferito alla salute ed all'umore) incrementasse di minuto in minuto, ci rechiamo al MOMA. Dopo aver visitato poche cose in maniera svogliata, abbandono l'Ing. per riposarmi. Trovo un giardino con delle sedie. La temperatura era estiva, il mio vestiario era decisamente invernale. L'effetto soporifero dei farmaci ha fatto effetto immediatamente. Appena appoggiato il culo sulla sedia ho iniziato a non sentire piu' niente, nemmeno quel bimbo che saltava e urlava come una scimmia del Congo. Assomigliava pure ad un primate, stronzo! Dopo non so quante ore, sento che qualcuno mi sta toccando la spalla. Penso che era il mio turno di fare la foto con la scimmietta, invece era l'Ing. che, tutto sorridente, mi diceva che era arrivato il tempo di andarsene. A causa della mia influenza, dei miei vestiti e del clima che, da estivo, era diventato tropicale, ero sommersa da litri di sudore che, oltre ad un aspetto poco gradevole, mi conferivano un odore che non era esattamente piacevole. Infatti, successivamente, ho realizzato che l'Ing. mi stava scuotendo la spalla non con le mani ma con la piccola brochure del museo che si era preso all'entrata. E' stato veramente umiliante. Cita aveva avuto la sua rivincita e ora mi ricambiava di tutti gli sguardi schifati con cui l'avevo ricoperto poche ore prima. Mi sono fatta forza e ho iniziato a camminare tipo eroinomane a Central Park con l'Ing. accanto che era felice di aver visto molte cose interessanti e, soprattutto, di aver girato il museo da solo, in santa pace, senza me che sono notoriamente una rottura immane quando si tratta di camminare. Io sto alle visite turistiche come Cicciolina sta alla democrazia cristiana... Finalmente sono stata condotta a pranzo. Quando magno, non so come mai, ma sembra che mi passi tutto. Mi trasformo, divento simpatica, gentile e altruista. Non ho, pero', l'abitudine di versare l'acqua, reputo che sia una cosa che ognuno debba fare da solo. Un po' come fare il bidet. La sera l'Ing., che mai e' stanco, mi ha abbandonata semi-incosciente sul letto per andare a vedere la famosa Times Square che distava pochi passi dal nostro albergo. Al suo ritorno abbiamo deciso di farci un po' i cazzi degli altri mediante le news. Appena abbiamo acceso la Tv ci siamo accorti che tutti i canali trasmessi erano unanimi nell'affermare quanto gli USA si stessero cagando sotto in quei momenti. A Times Square c'era un auto bomba. Tutte le televisioni del mondo avevano le telecamere puntate su quel veicolo. Il problema non era che, se fosse esploso qualcosa, saremmo stati protagonisti di un esplosione colossale. No, questi sono particolari, giuro! Il dramma e' stato quello umano di mio marito. Naturalmente, la piazza ove era parcheggiata la macchina imbottita di esplosivi, era transennata e colma di agenti della polizia. Il caro Ing., pensando che quelle transenne fossero state messe perche' di li' a poco avrebbe avuto la gara di limbo piu' grande del secolo, ci e' passato sotto. Ha anche pensato di iscriversi a quella competizione tanto gli era risultato facile passare sotto la striscia gialla con su scritto "Police line do not cross". "Che scritte bizzarre per una gara del genere!" avra' sicuramente riflettuto mentre si incamminava verso l'hotel. "Io ci avrei scritto, che ne so, "fiesta!" o "everybody dance now!"", pensava mentre l'ascensore che lo avrebbe portato in camera saliva velocemente. E, rivolgendosi a me in seguito alla visione delle notizie, mi ha pure confessato che il poliziotto che l'ha visto fare la prova per la presunta gara gli ha pure fatto notare che, se li' ci avevano piazzato una transenna, qualcosa voleva dire. "Limbo!". I giorni seguenti la mia influenza decideva, piano piano, di abbandonarmi e le visite ai vari musei e zone della citta' sono divenuti  meno tragici. Resta il fatto che la Grande Mela puzza, e' troppo caotica e sporca, guidano peggio che a Napoli e io preferisco Seattle col suo verde, le strade ben ordinate e la gente cordiale o che, almeno, fa finta. Anche io faccio finta.

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